Salone del Mobile o Design week?

Dopo anni di “onorata carriera” l’ edizione 2022 del “Salone del mobile di Milano” ha segnato una svolta nel modo di vivere la più importante fiera del settore a livello mondiale. 

Per me che sono una veterana della frequentazione di quest’evento, non è stato difficile cogliere i segnali inequivocabili di un nuovo corso da cui, senza rimpianti e senza incertezze, non si tornerà più indietro, a partire dal nome “Salone del Mobile” che ormai identifica principalmente la fiera di Rho, dove circa 1600 aziende hanno esposto con un proprio stand le loro collezioni dal vivo. 

Molte di esse, con grande sacrificio, hanno portato in scena quello che era già pronto per l’edizione 2020, quindi la mia impressione è stata di cristallizzazione di un tempo che nel frattempo è già cambiato. 

Tutto il resto è “Design Week”, dove si racconta il futuro. 

C’è stato un grande fermento, fin dal primo giorno: tutti avevamo voglia di rivivere in presenza le suggestioni e toccare con mano quello che indubbiamente ci è mancato ed e rimasto interrotto dalla pausa Covid. Non ci è bastato guardare le novità su un catalogo o tenerci aggiornati con le proposte dei rappresentanti, avevamo bisogno di rivedere tutto, sprofondare su soffici divani, toccare con mano la qualità , aprire sportelli touch, cogliere le atmosfere di un corpo illuminante, esperire in prima persona innovazione e originalità, perché la bellezza è anche esperienza in prima persona, emozione, contatti umani, un bicchiere di bollicine in mano mentre scambi i biglietti da visita e racconti il tuo lavoro. 

Milano ha offerto tutto questo ed anche di più, coniugando business e cultura, stringendo partnership tra marchi e categorie merceologiche in nome di una visibilità che è già diventata visione. I giornali nei giorni precedenti avevano già veicolato gli utenti sui “must to see”, quindi i distretti del design in via Tortona, la capatina a Brera, la visita allo show-room dell’azienda che compie 30/50/60 anni, le installazioni di via Balzaretti, ma anche all’Università degli studi di Milano, la Triennale di Milano, Palazzo Reale, la Pinacoteca di Brera, con il suo onirico Orto botanico …e poi centinaia di negozi, corti interne di palazzi signorili adibite a giardini privati aperti al pubblico, le vie dello shopping che diventano esse stesse salotti espositivi, un tessuto urbano che si fa intimo, invitandoci a fruirne l’incanto. Lasciate nel cassetto le copie commissioni (residuato di un tempo che fu) le aziende oggi vogliono raccogliere dati più che ordini, consensi informati più che bonifici, si preparano e ci preparano al Metaverso dove le Design Week le vedremo in tutto il mondo, comodamente seduti sulle poltrone di casa.

 Pensando a quel giorno come ad un miraggio lontano, continuo a godere la mia realtà sperando che duri più a lungo possibile. 

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