L’immensità

“L’immensità”

Non lo so cosa mi abbia smosso la pellicola di Emanuele Crialese, sicuramente dei deja-vu della mia infanzia.

Impossibile non immedesimarsi nella famiglia italiana degli anni 70/80; guardare questo film è stato un po’ come sfogliare l’album di foto della mia infanzia, con queste mamme, la mia mamma, truccate con la matita morbida negli occhi e sulle palpebre gli ombretti azzurri, vestite con foulard coloratissimi e abiti sgargianti, con le stesse canzoni di sottofondo, gli spettacoli del sabato sera alla RAI e le cinquecento d’antan. 

Impossibile non riconoscersi nelle estati oziose e infinite, le donne riunite in nugoli, inseguite da sciami di figli e nipoti e gli uomini semplicemente assenti, tutta la settimana, scorazzanti nelle loro auto del boom economico, dai colori improbabili e le linee avveniristiche. 

Impossibile uscire indenni da quello che nemmeno noi capivamo, ma che a volte ci feriva profondamente, nel comportamento degli adulti. 

Non sapevo cosa aspettarmi da questa storia, forse un grande travaglio esistenziale, per le dichiarazioni del regista sulla parte che attinge alla vicenda autobiografica, forse addirittura della violenza, che non c’è, perlomeno non dove me la sarei aspettata. 

E tante volte anche io da bambina ho sognato di calcare palcoscenici figurati per essere visibile a tutti, per una sorta di rivalsa “urbi et orbi.”

Bravissima la giovane protagonista, Luana Giuliani, immensa Penelope Cruz, come il titolo del film; il suo personaggio ha squarciato il velo del grande amore che ho provato da bambina per la mia mamma, insieme all’incredibile senso di protezione nei suoi confronti. 

L’immensità, appunto.

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